mercoledì 12 dicembre 2012

Mercanti & Missionari


 Il trattato di pace sottoscritto nel 1840 da Jonker Afrikaner e Oaseb, il capo dei nama, riportò la situazione alla calma. 

La regione meridionale della Namibia fu divisa tra i nama e alcuni sottogruppi di oorlam, che ottennero anche il diritto di sfruttamento delle terre tra i fiumi Swakop e Kuiseb, nel cuore del paese; di conseguenza, gli oorlam si trovarono stretti tra i nama a sud e gli herero a nord, nel Kaokoland.

Ma la sopravvivenza delle popolazioni indigene era sempre più minacciata a causa della siccità, provocata dalla distruzione dei pozzi, e dalla morte del bestiame decimato dalla guerra. 

L’insoddisfazione e il malcontento aumentarono in fretta e posero le basi di un’alleanza tra herero, rivali dei nama, mercanti e missionari contro Jonker Afrikaner.

Intanto, consapevoli delle ricchezze che si potevano trarre dal commercio di beni di grande valore come l’avorio e le penne di struzzo, cacciatori e mercanti cominciarono ad inoltrarsi nel cuore del paese.

Un personaggio importante dell’epoca fu Charles John Andersson, che, accompagnato da una scorta armata di cacciatori, esplorò le regioni a nord e ad est del paese e fondò una stazione commerciale a Otjimbingwe.

Nel 1863 Christian Afrikaner, primogenito ed erede dell’impero di Jonker, tentò un attacco contro Otjimbingwe e venne ucciso dagli uomini di Andersson.

Al seguito dei mercanti arrivarono anche i missionari. All’inizio del 1800 furono fondate le missioni di Bethanien, Windhoek, Rehoboth e Keetmanshoop.

I missionari tedeschi della Società Renana, guidati da Hugo Hahn, arrivarono nel 1842 e si stabilirono nella regione centrale dell’area sud-occidentale, nel cuore del territorio herero. 
La missione costituiva la prima rilevante presenza tedesca nel paese, ma i religiosi non ottennero un grande successo con i fieri e indipendenti indigeni; non riuscirono a insegnare un nuovo stile di vita né ispirarono conversioni, tuttavia riuscirono a farsi coinvolgere nelle contese politiche e militari, giocando un ruolo attivo tra le popolazioni in conflitto per il controllo del territorio.

I missionari luterani finlandesi, che si stabilirono a nord della Namibia verso la fine del 1800, nelle terre dei più arrendevoli owambo, ottennero risultati più apprezzabili.

La relativa tranquillità del periodo tra il 1870 e il 1880, resa possibile anche da un trattato di pace sottoscritto dal capo herero Kamherero e Jan Jonker Afrikaner, successore di Christian, permise comunque ai missionari di accrescere la propria influenza.

Verso la metà del XIX° secolo si verificò un massiccio flusso migratorio verso nord: gli owambo si mossero alla ricerca di nuovi pascoli, gli herero a causa delle difficili condizioni climatiche, mentre i nama si spostarono per sfuggire agli europei. Teatro dell’inevitabile scontro fu il territorio dei damara, una popolazione poco organizzata che venne facilmente sottomessa.

Interrotta da brevi periodi di tregua, la guerra tra i nama e gli herero continuò fino al 1890.
Provate dal lungo periodo di conflitti, le popolazioni della Namibia dovevano prepararsi allo scontro con un nemico ben più pericoloso: i bianchi, soprattutto tedeschi e sudafricani.
Questo nuovo e temibile avversario costrinse le popolazioni indigene all’unità. 
I loro capi si resero conto che l’unica speranza di resistere era rimanere insieme.
Così, Hendrik Samuel Witbooi, il capo dei nama, guidò i suoi uomini contro i tedeschi. Intelligente, forte di una grande esperienza militare e munito di fucili moderni, combattè i tedeschi per anni, fino a quando, nel 1890, li costrinse a firmare un trattato di pace.
Purtroppo, la pace fu solo temporanea.

Anche il capo herero, Samuel Maherero, che oggi è considerato un eroe nazionale, dovette affrontare gli europei. 
Egli si rivolse al governatore della colonia inglese in Sudafrica, Sir Henry Barkly, chiedendogli di far diventare il territorio compreso tra l’Orange e il Kunene una colonia della Corona. Londra rispose con un secco rifiuto. 
Ormai, la Namibia era nelle mani degli europei, spinti esclusivamente dal desiderio di sfruttare le risorse di un paese la cui annessione, invece, in quel momento non sembrava vantaggiosa per nessuno.


Fu in questo periodo che iniziò la deportazione delle mandrie: molte tribù la cui sussistenza era legata all’allevamento si trovò nelle condizioni di morire di fame. 
Per sopravvivere furono costrette a privarsi della loro unica ricchezza: la terra.



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