domenica 9 dicembre 2012

Namibia, gli esploratori

Foto di Namibia
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Assolutamente inospitali e abitate solo da boscimani, le coste della Namibia non esercitavano alcuna attrattiva sugli esploratori europei.

Furono i portoghesi ad arrivare per primi in terra namibiana; alla ricerca di una nuova via per le Indie e di rotte alternative verso l’Oriente, dopo la caduta di Costantinopoli in mani turche nel 1453, l’esploratore Diego Cão raggiunse la Skeleton Coast nel 1486 e fece costruire un padrão a Cape Cross, una croce in pietra,  in onore del re João II e a ricordo del suo passaggio.

Il giorno di Natale di un anno dopo fu un altro portoghese, Bartolomeo Diaz, di ritorno dal Capo di Buona Speranza, a erigere la sua croce ad Angra Pequeña, nella zona dell’odierna Lüderitz.

Ma i portoghesi non si stabilirono in Namibia. 

Il clima era proibitivo, il territorio poco ospitale e gli indigeni in numero esiguo, quindi preferirono spostarsi in zone maggiormente popolate, dove reperire manodopera era più facile. 

In effetti, sia per gli esploratori che per i mercanti l’ipotesi di realizzare insediamenti lungo una costa che non offriva né acqua né cibo, e tanto meno schiavi o avorio, non appariva affatto interessante.

Il capitano di una nave olandese, di passaggio all’epoca, scrisse: “Qui, perbacco, non c’è nulla da guadagnare per nessuno …. solo sabbia, roccia e tempeste”.

La prima apparizione di un uomo europeo nell’interno della Namibia risale al 1750: un cacciatore di elefanti olandese, Jacobus Coetsee, proveniente dal Sudafrica, attraversò l’Orange River.

Verso la fine del XVIII° secolo, tuttavia, balenieri e cacciatori di foche provenienti dalla Gran Bretagna, Francia e America iniziarono a frequentare i porti di Lüderitz e Walvis Bay. 


Anche le zone circostanti suscitarono un certo interesse per la presenza di grandi quantità di guano, un fertilizzante naturale prodotto dalla decomposizione degli escrementi degli uccelli marini. 
Altri erano attratti dai giacimenti di rame. 
E ancora, le grandi mandrie degli herero e dei nama, che erano già state notate dai portoghesi, cominciavano a interessare inglesi e sudafricani.



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