venerdì 14 dicembre 2012

La ribellione delle tribù guerriere


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Imprevista, fulminea e spietata, il 12 gennaio 1904 si scatenò la feroce insurrezione degli herero sotto il comando del capo Samuel Maharero, che i tedeschi ritenevano un loro alleato (G.Pool, Samuel Herero, cit., pp 191 e segg.).


Prima di attaccare Maharero cercò di persuadere i capi nama e gli orlaam ad unirsi a lui per un’azione unitaria; “Tutta la nostra obbedienza, tutta la nostra pazienza con i tedeschi non servono a nulla. Uccidono ogni giorno un uomo senza ragione. Così faccio appello a te, mio fratello, di prendere parte alla rivolta, di far sì che tutta l’Africa insorga contro i tedeschi. Meglio è morire assieme piuttosto che perire per i maltrattamenti, la prigione e il resto”. (Lettera di Samuel Maharero, capo degli herero, a Hendrik Witbooi, capo dei nama, 11 febbraio 1904: vedi H.Drechsler, Let us Die Fighting: the Struggle of the Herero and Nama against German Imperialism, 1884-1915, London, Zed Press, 1980, p.143).

La lettera fu intercettata e consegnata a Leutwein e Witbooi non la ricevette mai; infatti Maharero si era affidato a Hermanus van Vyk, capo dei basters, per la consegna della missiva, ma van Vyk lo ingannò tradendolo.

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Questa divisione tra i vari gruppi etnici impedì pertanto un’operazione unitaria, e addirittura Witbooi combattè al fianco dei tedeschi con una formazione militare di ben 10mila uomini.

E’ fondamentale sottolineare che lo Schützvertrag si fondava su un’incomprensione sostanziale: la terra non era patrimonio individuale ma proprietà dell’intera collettività tribale, pertanto non poteva essere venduta ai bianchi (H.Bley, South West Africa under German Rule, 1894-1914, cit., pp. 117 e segg.).

Gli smaniosi allevatori bianchi, forti del trattato del 1890, iniziarono a confiscare ed espropriare le mandrie e le terre degli herero a ritmo sostenuto, situazione assolutamente inaccettabile per gli herero; fu questo il fattore scatenante dell’entrata in guerra, anche perché le terre erano vitali per l’allevamento delle loro mandrie e l’espropriazione avrebbe distrutto la loro organizzazione tribale e portato ad un completo assoggettamento.

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Gli herero si prepararono consapevolmente e lucidamente alla ribellione, attendendo il momento migliore per attaccare (J.M. Bridgman, The Revolt of the Herero, Berkeley, University of California Press, 1981; G.Pool, Samuel Maharero, cit.; H.Drechsler, Let us Die Fighting, cit.; J.-B.Gewald, Herero Heroes, cit.; B.Lugan, Cette Afrique qui était allemande, Paris, Jean Picollec, 1990, pp. 86-92).

Il forte e la cittadina di Okahandja furono assaliti da 6mila guerrieri herero avvantaggiandosi del forte impegno delle truppe tedesche nell’area dell’Orange River, e riuscirono a fronteggiare con successo il nemico per molti mesi.

Allo scopo di contenere la carneficina Maharero ordinò ai suoi guerrieri:“Nella mia qualità di capo supremo degli herero comando e decreto che nessun membro del mio popolo possa alzare la mano su inglesi, baster, berg, damara, nama e boeri. Lo stesso vale per donne e bambini, uomini senza armi e missionari tedeschi” (H.Drechsler, Let us Die Fighting. The Struggle of the Herero and Nama, cit., p.163).

Tuttavia, a Okahandja furono massacrati 123 coloni; la guerra continuò fino a quando Berlino non inviò aiuti, rinforzi militari di ben 7mila uomini.

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Della repressione fu incaricato, nel mese di giugno, il generale Lothar von Trotha, valido esperto militare esperto in ribellioni locali; infatti, nel 1896 aveva già soffocato la sommossa hehe nell’Africa orientale e nel 1900 aveva combattuto trionfalmente i boxer.

Il generale von Trotha comprese prontamente la pericolosità del nemico e si prefisse l’obiettivo di ripristinare l’autorevolezza tedesca con qualsiasi mezzo.

La battaglia decisiva si combattè a Waterberg; qui von Trotha nel 1904 accerchiò gli herero e respinse la loro resa ordinando lo sterminio (Vernichtungsbefehl). 

“La nazione herero deve lasciare il paese. Entro la frontiera tedesca ogni herero, armato o disarmato, con bestiame o senza bestiame, sarà fucilato. Non ammetto la presenza né di donne né di bambini; saranno rimandati presso la loro gente o altrimenti saranno passati per le armi”. (G.Pool, Die Herero-Opstand, 1904-1907, Kaapstad, 1979, pp.250-251; Swapo, To Be Born a Nation. The Liberation Struggle for Namibia, London, Zed Press, 1981, p.150).

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Tutti gli herero che non furono massacrati dai militari del generale von Trotha morirono di fame e di sete nell’Omaheke Desert; la popolazione fu sterminata per circa l’80% (di 80mila herero ne sopravvissero solo 15mila). 

I pochi sopravvissuti, comandati da Samuel Maharero, si inoltrarono sempre più a est fino alle coste del Nami Lake (nell’odierno Botswana) dove fu loro permesso di insediarsi; pochi anni dopo Maharero si spostò con il suo popolo a Groetfontein (ex Transvaal) dove patirono molto la mancanza di cibo e la malaria. Solo dopo la morte di Maharero nel 1923 i tedeschi permisero che i suoi resti venissero tumulati a Okahandja, nel cimitero dei capi herero; oggi il suo sepolcro è destinazione dell’importantissimo pellegrinaggio annuale del 26 agosto, in commemorazione della sua morte.

Subito dopo si sollevarono i nama.

Il fratello del più conosciuto Curt von François, Hugo, scrisse: “Non si deve sepellire l’ascia di guerra finché tutte le tribù non siano state disarmate. È necessario inoltre regolare i conti con Hendrik Witbooi che sembra essere stato l’istigatore della rivolta, la maschera di un’amicizia ipocrita”.

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Per riuscire a domare la resistenza nama il Reich dovette mandare nella regione ben 20mila uomini; Witbooi disponeva di soli 9mila guerrieri, di cui solo un terzo armato. 

Fu ancora il generale von Trotha ad assumere il comando delle truppe tedesche e, nel mese di luglio del 1905, inviò una lettera a Witbooi offrendogli la pace ma questi replicò:“La pace significa la mia morte e la morte della mia nazione; so che non c’è spazio per me fra di voi perché ho imparato a conoscervi sotto tutti gli aspetti” (G.Pool, Samuel Maharero, cit., p.202).

Witbooi, ormai quasi ottantenne, morì colpito mortalmente in battaglia nel 1905. 

Gli successe il figlio, Isaak, sprovvisto del carisma e dell’autorevolezza del valoroso padre, e in un solo anno i nama furono sterminati; più del 50% della loro etnia fu massacrata in battaglia, e di 20mila individui ne rimasero solo circa 9mila (vedi J.B.Gewald, Herero Heroes. A Socio-Political History of the Herero of Namibia, 1890-1923, cit.).

La disumana condotta del Reich e il genocidio dei popoli herero e nama ebbe effetti estremamente sfavorevoli sull’opinione mondiale che marchiò la colonizzazione germanica. 

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Tra gli esiti di questa feroce operazione vi è l’attuale superiorità numerica degli owambo nel paese, non implicati nello sterminio, laddove nel 1904 il popolo dominante era quello herero.

I tedeschi rimasero padroni della regione che guadagnò immenso valore strategico grazie al seguente ritrovamento di abbondanti e ricchi giacimenti di diamanti a Grasplatz, a est di Lüderitz, nel 1908, grazie all’operaio sudafricano nero Zacharias Lewala; le aree di sfruttamento furono immediatamente circoscritte dai numerosi cercatori che accorsero in massa, anche se la De Beers cercò di “correre ai ripari” affermando che si trattava di riserve di limitato valore.

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Nel 1910 le autorità tedesche avevano già chiuso l’intera l’area (circa 21mila chilometri quadrati fra Lüderitz e l’Orange River) proclamandola Sperrgebiet (zona proibita); i cercatori furono mandati via e i diritti esclusivi assegnati al Deutsche Diamanten Gesellschaft, Ddg (H.Bley, South West Africa under German Rule, 1894-1914, cit., p.28).

Tuttavia, lo scoppio della Prima Guerra Mondiale impedì ai tedeschi di godere dei frutti della regione mineraria.

Una vicenda del tutto singolare fu quella dell’etnia dei baster di Rehoboth Gebeit che rappresenta una delle collettività più specifiche del paese. 

All’inizio del 1915 i baster rifiutarono di appoggiare i tedeschi, asserendo che il trattato di protezione del 1815 non sottintendeva l’obbligo di essere militarmente a disposizione in una contesa tra potenze europee. 
Le truppe coloniali tedesche cercarono di eliminare la ribellione, senza successo, e l’8 maggio 1915 l’esercito sudafricano arrivò nella regione. 
Questo convinse i baster che avrebbero potuto conservare la loro sovranità, conquistata con grande spargimento di sangue. 
Purtroppo, furono rapidamente delusi; si scontrarono apertamente con il Sudafrica a causa della dichiarazione unilaterale d’indipendenza proclamata dal capitano Nieklaas van Vyk nel 1924. 
Per l’ennesima volta la secessione venne soffocata e la regione di Rehoboth Gebeit posta sotto il controllo sudafricano.

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Negli anni del colonialismo tedesco dall’Europa giunsero molti immigranti, circa 13mila persone (più dell’80% della popolazione bianca che allora era quantificata in quasi 16mila persone); le terre migliori furono comprate dai bianchi, ma la situazione cambiò il 9 luglio 1915, una data storica, il giorno in cui le truppe tedesche furono sconfitte da quelle dell’Unione Sudafricana (più di 40mila volontari) comandate dal generale Jan Smut.

A partire dal 1920 molte fattorie tedesche furono acquistate dai coloni sudafricani e le rendite minerarie per le concessioni diamantifere tedesche cedute alla CDM sudafricana che le mantenne fin oltre l’indipendenza del paese.

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