Nel 1793, con la guerra ormai alle porte in Europa, il
governo olandese avanzò pretese su Walvis Bay, il solo porto interessante lungo
la costa, Angra Pequeña e sull’isola di Halifax.
Due anni più tardi gli inglesi
annessero la colonia del Capo e gli olandesi ne approfittarono per issare la
loro bandiera sulle coste namibiane, ma fu solo nel 1878 che riuscirono a
impossessarsi di Walvis Bay e dei suoi dintorni.
Anche se la scoperta dell’Orange River aveva
aperto la via a mercanti, missionari e cacciatori, all’epoca i territori
interni della Namibia erano una regione sconosciuta.
Alla fine del Settecento la Namibia meridionale
dovette affrontare un periodo di conflitti, causato dall’arrivo degli oorlam,
tribù erranti di khoisan che fuggivano dalla persecuzione degli olandesi nella
regione del Capo.
Molti di loro erano dediti al commercio, alla caccia e al
furto, e pur avendo le stesse origini dei pastori nama già insediati nel sud
della Namibia, infatti le loro lingue erano molto simili, possedevano armi da
fuoco, cavalli e conoscenze tecniche più avanzate.
Organizzati in reparti, con
una struttura militare sul modello dei pionieri boeri, gli oorlam riuscirono a
sottomettere in breve tempo gli indigeni namibiani, che combattevano ancora con
archi e frecce.
Sotto il comando di Jonker Afrikaner, i
sudafricani sottomisero i nama e i damara nel sud del paese e le tribù herero
nelle regioni orientale e centro-settentrionale. Le popolazioni indigene
opposero una forte resistenza, e nel corso dei successivi settant’anni la
regione fu teatro di frequenti scontri, soprattutto a causa delle incursioni
continue da parte di gruppetti di oorlam che saccheggiavano i villaggi e
rubavano il bestiame alle popolazioni locali.
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