lunedì 17 dicembre 2012

Le esplorazioni e gli Europei


I primi europei che sbarcarono nell’attuale Namibia furono i portoghesi, alla ricerca di percorsi alternativi verso Oriente in seguito alla capitolazione di Bisanzio del 1453 in mani ottomane. 


La nave comandata da Diego Cão sbarcò nell’odierna Cape Cross nel 1496, e qui fu eretto il famoso padrão, una croce di pietra calcarea, per commemorare l’evento. 

Due anni dopo, nel corso di una spedizione di circumnavigazione del continente africano, Bartolomeo Diaz sbarcò nella baia di Angra Pequeña (che diventerà in seguito la baia di Lüderitz), esattamente il giorno di Natale del 1488. 

Anche a Diaz Point, situata a sud dell’attuale Lüderitz, fu eretta una croce che celebra lo sbarco dei portoghesi. 

Il sito fu comunque considerato assolutamente inabitabile e di nessun interesse per la realizzazione di insediamenti, pertanto Diaz non ritenne necessario realizzare alcuna base commerciale: addirittura, Diaz definì questa striscia costiera “sabbie infernali” e riprese la navigazione verso sud. 

Nel 1670 approdarono due navi della Compagnia Olandese delle Indie Orientali; sette anni dopo l’Olanda proclamò la propria sovranità su alcune aree costiere disabitate, un’occupazione solo formale perché l’aridità della regione occupata dal Kalahari e dal Namib Desert non offriva nessun interesse alle potenze europee; di conseguenza, il processo di colonizzazione della zona rimase al margine fino a Ottocento inoltrato.

I primi stranieri che si inoltrarono verso l’interno furono avventurieri, cacciatori e mercanti, raggiunti nel 1786 da alcuni preti cattolici. 

Il primo cacciatore olandese di elefanti che nel 1750 attraversò l’Orange River partendo dalla colonia del Capo fu Jacobus Coetsee; seguirono i fratelli van Reenen nel 1779 e il francese Le Vaillant nel 1792.

Il “merito” di aver edificato i primi complessi stabili va riconosciuto ai missionari: Rehoboth, Keetmanshoop e Bethanie. 

Seguirono la London Missionary Society, la Wesleyan Methodist Missionary Society e, infine, la Rhenish Missionary Society guidata da Hugo Hahn che nel 1842 si insediò nel territorio degli herero. 


I missionari furono trascinati nelle cruente guerre tribali e cercarono di rappacificare e cristianizzare la popolazione locale. 

I missionari finlandesi portarono la loro opera di evangelizzazione verso il nord e si stabilirono nel 1870 nell’Owamboland, riportando un certo successo. 

Esistono alcuni rapporti molto dettagliati e scritti autobiografici di mercanti, cacciatori (James Chapman), viaggiatori (Andersson e Galton: B.Lau, Charles John Andersson, Trade and Politics in Central Namibia, Archeia, Windhoek, 1986) e missionari (H.Vedder e Hugo Hahn) che ci danno una rappresentazione molto accurata degli scontri tribali nel territorio.

L’attenzione della Gran Bretagna era stata attirata già nel 1843 dai ricchi depositi di guano nelle dodici piccole Penguin Islands; nel 1867 le annettè ed in seguito, il 12 marzo 1878, l’impero britannico proclamò la sua sovranità sulle Penguin Islands e sulla baia di Walvis Bay, accettando di fatto una posizione rilevante nel tentativo di conservare l’unione e l’armonia nelle contese tra herero, orlaam e nama.


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